Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

martedì 7 luglio 2009

SBANKAMENTO: CORREVANO GLI ANNI OTTANTA E CI TRAVOLSERO TUTTI




Sono convinto che chiave fondamentale per capire il presente sia, oltre agli eventi politici, il silenzioso spostamento d’accento, nel corso degli anni Ottanta e soprattutto durante la presidenza Reagan, dall’economia produttiva all’economia finanziaria. Fu il periodo in cui il volume degli scambi di borsa crebbe fino a equivalere, quotidianamente, al bilancio annuale di uno Stato di medie dimensioni; in cui banchieri o personaggi legati alla finanza assunsero in tutto l’Occidente funzioni direttamente politiche; in cui si cominciò a concepire l’unione europea in chiave esclusivamente monetaria, con i governatori usciti dalla dissoluzione delle banche nazionali in posizione di leadership assoluta, sottratta a ogni controllo; in cui si ridisegnò la mappa del mondo cancellandone le porzioni divenute poco interessanti, al di là del possesso o meno di materie prime: quasi tutta l’Africa, parte dell’Asia, una larga porzione dell’America Latina. Era il compimento del processo di sbankamento: l’astrazione assoluta della moneta, ormai svincolata da ogni processo concreto di produzione e scambio. Ideale per un connubio con la circolazione di beni immateriali quali la comunicazione, l’informazione, l’ “idea” di merce senza riferimento al valore d’uso. Era logico, a quel punto, che il comando passasse a chi creava moneta virtuale a suo arbitrio (gli Stati Uniti) e, pur non producendo praticamente nulla, era padrone incontrastato del mercato immateriale; e ciò ancor prima della caduta del muro di Berlino. Dopo si trattava solo di distruggere, senza pretese di colonizzazione reale, oasi di resistenza al dominio dell’economia astratta. La Jugoslavia, per esempio, attardata su un modello inutile di economia parzialmente socialista. Diveniva d’obbligo favorirne la scissione, poi distruggerne le schegge troppo grosse. La Somalia, attestata su una posizione geografica in cui l’economia materiale aveva troppo peso. L’Afghanistan, possibile passaggio per oleodotti che forse non saranno mai realizzati, ma la cui potenzialità, reale o virtuale, incide sugli equilibri finanziari. L’Iraq, che pompi o non pompi petrolio, lo mandi o meno negli Stati Uniti, è del petrolio la raffigurazione. L’importante non è disegnare una carta geografica dello stesso colore: ciò che conta è farvi dei buchi dove esistevano sfumature cromatiche troppo intense. Di ostacolo a un Occidente che ha ormai affidato il potere politico, proprio e sul mondo, a quello economico, e in primo luogo a quello finanziario.

Questa succinta analisi è solo la punta dell'iceberg di uno stato delle cose raccapricciante. I retroscena poi sono affidati tutti alla distruttiva regia della Salamandra, che opera da secoli dietro le teste d'uovo, i governanti di paglia, i padroni del vapore ufficiali. Il G8? Una pantomima. I farabutti tagliagole che pilotano questo nostro mondo derelitto, stanno altrove. Ma non così lontano.

2 commenti:

  1. Sì angelo, davvero interessante! Ringrazio zret per avermelo segnalato. Farlo girare su altri blog?

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  2. Ritengo la conoscenza un bene non personale, ma collettivo. Dobbiamo poi tutti noi, donne e uomini liberi, veicolare dati, concetti, idee per ogni dove, in un tam tam assordante, non per creare movimenti o partiti, ma per risvegliar coscienze.
    Grazie per la tua preziosa attenzione.
    Angelo

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