Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

martedì 11 agosto 2009

CONTRO L'INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL'EGO




Disapprovo il pedissequo. Non ho mai preteso di insegnare nulla a nessuno. L'imposizione culturale è quella didattica, quella mia è solo democratica espressione, comunicazione, messaggio, anche se sventramento. Cestinare è facilissimo. Se ho un merito è il coraggio di esternare la percentuale di follia che, in fondo, su scala diversa, ogni uomo si porta dentro, a causa dell' irreversibile destino di finibilità del mammifero superiore. Esistenzialità narcotizzata con reazioni difensive diversificate e contrapposte, dall'annichilimento mistico, alla criminalità, dalla sublimazione professionale all'hobbistica esasperata del vivere borghese. La normalità vuol dire oggi indossare la divisa e somigliare, per tener fede all'apparire e non all'essere. Cosa sarebbe un contesto di scambio di opinioni con soldatini ammaestrati, tutti allineati e spersonalizzati, sempre dentro le righe, mai un mal di testa, un colpo di tosse, una trasgressione costruttiva, una barzelletta. Una delle problematiche maggiori, oggi, è la chiusura mentale, il provincialismo nelle metropoli, il convenzionale, il connivente, lo statico, l'emulazione di un modello sociale dei più alienanti della storia. Il cliché! Lo stagnare in formule asettiche, glaciali e irreversibili. Le guerre dell'anima. La solitudine. (Vedi il consumo di psicofarmaci nel mondo: otto milioni di tonnellate l'anno).
Chissà perché mi rimane ferocemente simpatico Mastro Titta, il boia di Roma nello Stato Pontificio del XIX secolo. Mastro Titta compì migliaia di esecuzioni senza interrogarsi mai sulla colpevolezza dei condannati. Ma il suo era un taglio netto, fatto a sorpresa. Le vittime passavano in un secondo da questa valle di lacrime in Paradiso. Ma lo squallore stava nelle impiccagioni riservate alla plebe, dove la morte non è immediata. Il colpo di grazia lo dava il "tirapiedi", un ragazzotto vigoroso
che, per pochi centesimi, ne determinava la morte tirando lo sgabello. Pochi centesimi per un piatto di riso, comunque per la sopravvivenza. I tirapiedi di oggi, gli allineati, gli arrivisti, i conformisti senza una piega, tirano lo sgabello per la "testa rossa", per un loft in pieno centro. Poi fanno sberleffi su tutti coloro che predicano la libertà.

Diceva il Principe partenopeo: "...Perciò, stamme 'a sentì, nun fa 'o restivo, suppuorteme vicino, che te 'mporta. Sti ppagliacciate 'e fanno sulo 'e vive, nui simme serie appartenimmo 'a morte".

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